Concetti di Ibridazione

L’ibridazione è la tecnica, per il miglioramento delle specie, molto utilizzata sia nel giardinaggio orticolo, sia fiorifero.

Si tratta di procurare un’impollinazione artificiale tra soggetti della medesima o differente specie, ottenendo cultivar nuove, con caratteri diversi, in genere migliorativi rispetto ai genitori.

L’ibridazione, è effettuata manualmente, strofinando l’organo maschile del fiore sull’organo femminile dell’altro fiore, che si vuole ibridare.

Il risultato è molto imprevedibile, i semi e poi le future piante, avranno i geni di entrambi i fiori/genitori.

La genetica delle piante è complessa, perché hanno nel loro bagaglio, DNA, svariati geni, che ne caratterizza, il profumo, il numero dei petali, il colore e la robustezza ecc.

Ci sono caratteri dominanti e caratteri remissivi, quindi non essendo visibili, è molto difficile prevedere.
Tutte le piante, possono essere diploidi (che hanno un DNA ereditato da entrambi i genitori) o tetraploidi (che hanno un corredo genetico doppio).

Le piante che sono già state soggette a molte ibridazioni (tipo le rose moderne), sono tetraploidi con un bagaglio di DNA, già variato, doppio e complesso, il risultato, in questo caso, è imprevedibile, sia per l’eventuale colore, profumo ecc.

Vista l’imprevedibilità dell’ibridazione, ci vogliono prove, e anni, per ottenere una particolare cultivar, desiderata.
In natura l’Ibridazione di piante, avviene attraverso meccanismi diversi.

Sono gli insetti impollinatori e il vento, a impollinare i fiori.

 

La Legge di Mendel

L’origine dell’ibridazione risale alle ricerche fatte da Gregor Johann Mendel.

Attraverso la sperimentazione, su ibridazione vegetali (pisello), Mendel ha scoperto che un tratto ereditario sarebbe essere, sempre dominante, per la sua alternatività recessiva.

Cominciò i suoi esperimenti dividendo, le piante in due gruppi:

-piante con fiore rosso;

-piante con fiore bianco;

-piante con seme verde;

-piante a seme giallo.

In seguito si dedicò alla riproduzione delle piante, procedendo all’impollinare il fiore.

Prese il polline da un fiore e lo spolverò, sul pistillo del fiore di un’altra pianta, per fecondarlo, poi copriva il fiore da fecondare, con un cartoccio, per evitare che altro polline potesse raggiungerlo.

Mendel, incrociando due individui di razze pure che si differenziavano, per un dato carattere o una sola coppia di alleli, ha ottenuto, nella prima generazione, discendenti ibridi, con caratteristiche omogenee rispetto al carattere in questione.

Notò che uno dei caratteri antagonisti scomparse completamente, senza lasciare traccia.

Questo carattere e altri dello stesso tipo sono detti recessivi, mentre quelli che determinano il fenotipo della pianta prendono il nome di dominanti.

Legge della dominanza (o legge dell’omogeneità di fenotipo)

-gli individui nati dall’incrocio tra due individui omozigoti che differiscono per una coppia allelica, avranno il fenotipo dato dall’allele dominante.

Con significato più ampio rispetto al lavoro di Mendel, può essere enunciata come legge dell’uniformità degli ibridi di prima generazione.

Rincrociando, a sua volta la prima generazione, scoprì che il carattere scomparso, si ripresentò.

Legge della segregazione (o legge della disgiunzione).

-ogni individuo possiede due fattori per ogni coppia di alleli, uno paterno e uno materno. Quando si formano i gameti, i fattori si dividono e ogni gamete possiede uno solo dei fattori.

Mendel, spiegò questo fatto, asserendo, che i caratteri ereditari, sono sempre determinati da una coppia di fattori distinti, ciascuno dei quali sono ereditati da uno dei genitori.

I due geni di una coppia possono essere uguali (nel qual caso gli organismi danno origine a discendenti puri), e l’organismo è detto omozigote per quel particolare carattere.

Nel caso siano diversi, l’organismo è detto eterozigote, (gli organismi, danno origine a discendenti non puri).

I gameti contengono i geni, ma ogni gamete possiede solo uno dei due possibili alleli per ogni carattere.

Quando due gameti si combinano, gli alleli sono presenti nello zigote nuovamente in coppie.

Un allele può essere dominante rispetto a un altro allele, in tal caso l’organismo mostrerà nel suo aspetto esterno, cioè nel suo fenotipo, il carattere proprio dell’allele dominante, anche se nel suo corredo genetico, o genotipo, ciascuno dei due alleli continua ad esistere indipendente e distinto anche se non è visibile.

L’allele recessivo si separerà poi dal compagno dominante durante la formazione dei gameti, nel processo meiotico.

Legge dell’assortimento indipendente (o legge d’indipendenza dei caratteri)

-gli alleli, posti su cromosomi non omologhi, si distribuiscono in modo casuale nei gameti.

Ciò implica che le probabilità e quindi, nei grandi numeri, le frequenze di ogni combinazione di genotipi o fenotipi sono il prodotto delle probabilità, di quelli per ogni carattere.

Mendel selezionò alcuni caratteri come il colore dei fiori e ne individuò la linea pura.

Il lavoro di Mendel ha ricevuto poca attenzione da parte della comunità scientifica dell’epoca, ed è stato in gran parte dimenticato.

Solo nel 20° secolo, che il lavoro di Mendel è stato riscoperto e le sue idee utilizzate per contribuire a formare la sintesi moderna.




Impariamo a Fertilizzare

Tratto dal libro “Il mondo delle orchidee” di Dorothy Morgan nozioni importanti per tutte le piante e concetti base di fertilizzazione.

Nella coltivazione usiamo spesso i fertilizzanti, nella speranza di ottenere piante più rigogliose. Ma di norma non sappiamo perchè fertilizziamo, se è davvero utile fertilizzare e spesso non sappiamo neppure cosa stiamo usando come fertilizzante e la sua reale composizione. Questi fertilizzanti hanno una sigla (N.K.P.), per molti di noi misteriosa.

Cos’è la nutrizione delle piante?

Le piante usano minerali inorganici per la nutrizione, sia che crescano in natura che in un vaso. Complesse interazioni, coinvolgenti la disgrezione delle rocce legata al tempo, la decomposizione del materiale organico, l’attività di animali e microbi, formano i minerali inorganici nel suolo. Le radici assorbono i nutrienti minerali come ioni nell’acqua del suolo. Molti fattori influenzano la captazione nutriva per le piante. Gli ioni possono essere rapidamente disponibili per le radici o possono essere legati da altri elementi o dal suolo stesso. Suoli troppo alti nel pH (alcalini) o troppo bassi (acidi) rendono indisponibili i minerali alla pianta.

Fertilità o nutrizione

Il termine “fertilità” si riferisce all’intrinseca capacità del suolo a supplire i nutrienti alle piante in adeguate quantità ed in appropriate proporzioni.
Il termine “nutrizione” si riferisce ai passi interconnessi coi quali un organismo vivente assimila cibo e lo usa per la crescita e per il ricambio dei tessuti. In precedenza, la crescita delle piante era pensata in termini di fertilità del suolo o di quanto fertilizzante dovesse essere aggiunto per aumentare i livelli del suolo in elementi minerali. L’uso di substrati senza suolo e le aumentate ricerche sulle culture nutrienti ed idroponiche, come pure l’avanzare delle analisi dei tessuti delle piante, hanno portato ad una più larga comprensione della nutrizione delle piante. Nutrizione delle piante è un termine che tiene conto dell’interrelazione degli elementi minerali nel suolo o nelle soluzioni senza suolo, come il loro ruolo nella crescita delle piante. Queste interrelazioni coinvolgono un complesso equilibrio di elementi minerali essenziali e benefici per un’ottimale crescita della pianta.

Essenziale o benefico

Il termine elemento minerale essenziale ( o nutriente minerale) fu proposto da Arnon e Stout ( 1939). Essi concludevano che tre criteri devono essere incontrati affinchè un elemento possa essere considerato essenziale. Questi criteri sono:

  1. Una pianta deve essere incapace di completare il suo ciclo vitale in assenza di quell’elemento minerale.
  2. La funzione dell’elemento non può essere rimpiazzata da un altro elemento minerale.
  3. L’elemento deve essere direttamente coinvolto nel metabolismo della pianta.

Questi criteri sono linee guida importanti per la nutrizione delle piante, ma escludono gli elementi minerali benefici. Gli elementi benefici sono quelli che possono compensare gli effetti tossici di altri elementi o possono rimpiazzare nutrienti minerali in qualche altra funzione meno specifica, come il mantenimento della pressione osmotica. L’omissione di nutrienti benefici in prodotti commerciali può significare che le piante non vengano cresciute al loro potenziale genetico ottimale, ma siano meramente prodotte ad un livello di sussistenza.
Questa discussione sulla nutrizione delle piante include sia gli elementi minerali essenziali che quelli benefici.

Cosa sono gli elementi minerali?

Attualmente 20 elementi minerali sono considerati necessari oppure benefici per la crescita della pianta. Carbone (C), idrogeno (H), ed ossigeno (O) sono forniti dall’aria. I sei macronutrienti, azoto (N), fosforo (P), potassio (K), calcio (Ca), magnesio (Mg), e zolfo (S) sono richiesti in grande quantità dalla pianta. Il resto degli elementi è richiesto invece in tracce ( micronutrienti). Elementi traccia essenziali includono boro (B), cloro (Cl), rame (Cu), ferro (Fe), manganese (Mn), sodio (Na), zinco (Zn), molibdeno (Mo), e nickel (Ni). Elementi traccia benefici includono silicio (Si) e cobalto (Co). Gli elementi benefici non vengono giudicati essenziali per tutte le piante, ma possono esserlo per alcune. La distinzione tra benefico ed essenziale è spesso difficile nel caso di alcuni elementi traccia. Il cobalto per esempio è essenziale per la fissazione dell’azoto nei legumi. Può anche inibire la formazione di etilene ed estendere la vita delle rose recise. Il silicio, depositato nelle pareti cellulari, incrementa la resistenza al calore ed alla siccità ed aumenta la resistenza agli insetti ed alle infezioni fungine. Il silicio, agendo come elemento benefico, può aiutare a compensare livelli tossici di manganese, ferro, fosforo ed alluminio, come pure la deficenza di zinco. Un più olistico approccio alla nutrizione delle piante non dovrebbe essere limitata ai nutrienti essenziali, ma dovrebbe includere elementi minerali a livelli benefici per ottenere una crescita ottimale. Con lo sviluppo della chimica analitica e l’abilità di eliminare contaminanti nelle culture nutrienti, la lista degli elementi essenziali potrebbe aumentare nel futuro.

Gli elementi minerali nella produzione di piante

L’uso di suolo per la produzione in serra era comune prima del 1960. Oggi pochi coltivatori usano ancora suolo nei loro substrati. Il grosso della produzione è in substrati senza suolo. I substrati senza suolo devono provvedere supporto, aerazione, nutrienti e ritenzione di umidità come fà il suolo, ma l’aggiunta di fertilizzanti o nutrienti è differente. Molti misti senza suolo hanno magnesio, fosforo, zolfo, azoto, potassio ed alcuni micronutrienti incorporati come fertilizzanti pre-impianto. Azoto e potassio devono comunque essere applicati al raccolto durante la produzione. Difficoltà nell’ottenere un misto omogeneo usando fertilizzanti pre-impianto può spesso risultare in un incostante raccolto ed in un possibile livello di nutrienti tossici o deficienti. Substrati senza suolo, che richiedano addizione di micro e macro-nutrienti applicati come liquido durante la crescita del raccolto, possono attualmente dare al coltivatore più controllo del suo raccolto. Per raggiungere la massima produzione, il coltivatore può aggiustare i livelli di nutrienti per compensare altri fattori ambientali durante la stagione di crescita. L’assorbimento degli ioni minerali è dipendente da un numero di fattori oltre che dalle condizioni del tempo. Questo include la capacità di scambio cationico o CEC ( Cation Exchange Capacity) ed il pH o quantità relativa di idrogeno (H) o ioni idrossili (OH) del medium di crescita, e la alcalinità totale dell’acqua di irrigazione.

CEC o capacità di scambio cationico.
La capacita di scambio cationico si riferisce all’abilità del medium di crescita di trattenere nella sua struttura elementi minerali scambiabili. Questi cationi includono azoto, potassio, calcio, magnesio, ferro, manganese, zinco e rame. Torba e misti contenenti bark, segatura, ed altri materiali organici hanno tutti un certo livello di capacità di scambio cationico.

pH: che significa?
Il termine pH si riferisce all’alcalinità o all’acidità di una soluzione acquosa di un substrato di crescita. Questa soluzione consiste di elementi minerali dissolti forma ionica in acqua. La reazione di questa soluzione se è acida o alcalina avrà un marcato effetto sulla disponibilità degli elementi minerali alle radici delle piante.Quando c’è una maggior quantità di ioni idrogeno H+ la soluzione sarà acida ( pH minore di 7.0). Se ci sono più ioni idrossilici OH- la soluzione sarà alcalina ( pH maggiore di 7.0). Un equilibrio di ioni idrogeno e idrossilici porta a suoli a pH neutri ( =7.0). Il range per la maggior parte delle culture è tra 5.5 e 6.2, o leggermente più acida. Questo crea il livello medio più grande di disponibilità per tutti i nutrienti essenziali alla pianta. Fluttuazioni estreme di pH più alto o più basso possono causare deficenza o tossicità dei nutrienti.

Gli elementi della completa nutrizione delle piante.
Quella che segue è una breve linea guida del ruolo dei nutrienti minerali essenziali e benefici che sono cruciali per la crescita. Eliminate qualcuno di questi elementi, e le piante mostreranno anormalità di crescita, sintomi da deficenza, o possono non riprodursi normalmente.

Macronutrienti

AZOTO: è un componentemaggiore di proteine, ormoni, clorofilla, vitamine ed enzimi essenziali per la vita delle piante. Il metabolismo dell’azoto è un fattore importante nella crescita dello stelo e delle foglie ( crescita vegetativa). Troppo, può ritardare la fioritura e la fruttificazione. Sua carenza, può ridurre la resa, causa ingiallimento delle foglie e crescita stentata.

FOSFORO: è necessario per la germinazione dei semi, la fotosintesi, la formazione proteica, e quasi tutti gli aspetti della crescita e del metabolismo nelle piante. E’ essenziale per la formazione del fiore e del frutto. Un pH basso ( meno di 4) determina che il fosforo è chimicamente bloccato nei suoli organici. Sintomi di sua deficenza sono fusti e foglie porpora; la maturità e la crescita sono ritardate. La produzione di frutti e fiori è scarsa. Può determinare la caduta prematura dei frutti e dei fiori. Il fosforo deve essere applicato vicino alle radici della pianta affinchè la pianta lo utilizzi. Grandi applicazioni di fosforo senza adeguati livelli di zinco possono causare una deficenza di zinco.

POTASSIO: è necessario per la formazione di zuccheri, amidi, carboidrati, sintesi proteica e divisione cellulare nelle radici ed in altre parti della pianta. Aiuta ad aggiustare l’equilibrio idrico, migliora la rigidità della stelo e la resistenza al freddo, aumenta il profumo ed il colore in culture di frutta e vegetali, aumenta il contenuto in olio dei frutti ed è importante per le culture ricche di foglie. Sue carenze determinano basse rese, foglie chiazzate, macchiate o arricciate, con un aspetto di scottato e bruciato nelle foglie.

ZOLFO: è un componente strutturale degli amminoacidi, delle proteine, delle vitamine e degli enzimi ed è essenziale per produrre clorofilla. Impartisce gusto a molti vegetali. La sua carenza si manifesta con foglie verde chiaro. Lo zolfo è rapidamente perso dai suoli per dilavamento e deve essere applicato con una formula nutriente. Alcune acque possono contenere zolfo.

MAGNESIO: è un componente strutturale critico della molecola della clorofilla ed è necessario per il funzionamento degli enzimi della pianta per produrre carboidrati, zuccheri e grassi. E’ usato per la formazione di frutta e noci ed è essenziale per la germinazione dei semi. Piante carenti in magnesio appaiono clorotiche, mostrano ingiallimento tra le vene delle vecchie foglie; le foglie possono cadere. Il magnesio è dilavato dall’innaffiamento e deve essere supplito quando si nutre. Può essere applicato come spray foliare per correggerne le deficienze.

CALCIO: attiva gli enzimi, è un componente strutturale delle pareti cellulari, influenza il movimento d’acqua nelle cellule ed è necessario per la crescita e la divisione cellulare. Alcune piante devono avere calcio per captare azoto ed altri minerali. Il calcio è facilmente dilavato. Il calcio, una volta depositato nei tessuti della pianta è immobile ( non traslocabile) cosicchè vi deve essere un suo costante apporto per la crescita. La sua carenza causa arresto della nuova crescita dello stelo, fiori e radici. Sintomi di carenza di calcio vanno da una nuova crescita distorta a macchie nere su foglie e frutti. Possono apparire margini gialli.

Micronutrienti

FERRO: è necessario per molte funzioni enzimatiche e come catalizzatore per la sintesi della clorofilla. E’ essenziale per le parti giovani in crescita della pianta. Sintomi di carenza di ferro sono un colore pallido delle giovani foglie, seguite da un ingiallimento delle foglie e delle larghe vene. Il ferro è perso dal dilavamento ed è trattenuto nelle porzioni più basse della struttura del suolo. Sotto condizioni di alto pH ( alcalino) il ferro è reso indisponibile per le piante. Quando i suoli sono alcalini, il ferro può esere abbondante, ma non disponibile. Applicazioni di una formula nutriente acida contenente ferro chelato, in forma solubile, dovrebbe correggere il problema.

MANGANESE: è coinvolto in attività enzimatica per la fotosintesi, la respirazione ed il metabolismo azotato. Una sua carenza nelle foglie giovani si mostra come una rete di vene verdi su di un fondo verde chiaro, simile ad una deficienza di ferro. In stadi avanzati le parti verde chiaro diventano bianche, e le foglie sono perse. Macchie brunastre, nere, o grigiastre possono apparire vicino alle vene. In suoli neutri o alcalini le piante spesso mostrano sintomi di deficienza di manganese. In suoli altamente acidi, il manganese può essere così disponibile al punto da risultare tossico.

BORO: è necessario per la formazione della parete cellulare, per l’integrità di membrana, per la captazione del calcio, e può essere utile nella traslocazione degli zuccheri. Il boro ha effetto su almeno 16 funzioni nelle piante. Queste funzioni comprendono la fioritura, la germinazione del polline, la fruttificazione, la divisione cellulare, le relazioni acquose ed il movimento degli ormoni. Il boro deve essere disponibile per tutta la vita della pianta. Non è traslocato ed è facilmente dilavato dai suoli. Carenza di boro uccide le gemme terminali, lasciando un effetto rosetta sulla pianta. Le foglie sono spesse, arricciate e fragili. I frutti, tuberi e radici sono discolorati, crepati e chiazzati da macchie brune.

ZINCO: è un componente degli enzimi o un cofattore funzionale di un largo numero di enzimi, comprese le auxine ( ormoni della crescita delle piante).E’ essenziale al metabolismo dei carboidrati, sintesi proteica ed allungamemto internodale ( crescita del fusto). Piante con carenza di zinco hanno foglie variegate con aree irregolari clorotiche. La carenza di zinco porta deficienza di ferro, causando sintomi simili. Deficienza di zinco avviene in suoli erosi ed è meno disponibile ad un range di pH tra 5.5 e 7.0. Un abbassamento del pH può rendere lo zinco più disponibile fino al punto di tossicità.

RAME: è concentrato nelle radici delle piante e gioca una parte nel metabolismo azotato. E’ un componente di molti enzimi e può essere parte dei sistemi enzimatici che usano carboidrati e proteine. Carenze di rame causano appassimento delle punte dei germogli, e le foglie terminali sviluppano macchie marroni. Il rame è legato saldamente nel materiale organico e può essere deficiente in suoli altamente organici. Non è facilmente perso dal suolo ma spesso può essere non disponibile. Troppo rame può causare tossicità.

MOLIBDENO: è un componete strutturale degli enzimi che riducono i nitrati ad ammonio. Senza di esso, la sintesi delle proteine è bloccata e la crescita della pianta cessa. Anche i batteri del nodulo delle radici ( fissatori di azoto) lo richiedono. I semi possono non formarsi completamente, e deficienza di nitrogeno può avvenire se vi è mancanza di molibdeno. Segni di deficienza sono foglie verde pallido con margini arrotolati o concavi.

CLORO: è coinvolto nell’osmosi ( movimento di acqua o soluti nelle cellule), la bilancia ionica necessaria alle piante per captare elementi minerali, e nella fotosintesi. Sintomi di mancanza di cloro includono avvizzimento, radici tozze, clorosi ( ingiallimento) e tendenza al color bronzo. In alcune piante possono essere diminuiti gli odori. Il cloruro, la forma ionica del cloro usata dalle piante, è di solito trovato in forma solubile ed è perso dal dilavamento. Alcune piante possono mostrare segni di tossicità se i livelli sono troppo alti.

NICKEL: ha recentemente conseguito lo stato di elemento traccia essenziale per le piante, in accordoalle ricerche dell’Agricultural Research Service Plant, Soil and Nutrition Laboratory di Ithaca, NY. E’ richiesto dall’enzima ureasi, che degrada l’urea fino a liberare azoto in una forma usabile dalle piante. Il nickel è richiesto per l’assorbimento del ferro. I semi richiedono nickel per germinare. Le piante cresciute senza aggiunta di nickel raggiungono gradualmente il livello di deficienza al tempo in cui maturano ed iniziano la crescita riproduttiva. Se il il nickel è deficiente le piante possono fallire nel produrre semi vitali.

SODIO: è coinvolto nell’osmosi ( movimento d’acua) e nella bilancia ionica nelle piante.

COBALTO: è richiesto per la fissazione azotata nei legumi e nei nodi radicali dei non legumi. La domanda di cobalto è più alta per la fissazione di azoto che per la nutrizione di ammonio. Livelli di deficienza possono risultare in sintomi di deficienza di azoto.

SILICIO: si trova come componente delle pareti cellulari. Piante con rifornimento di silicio solubile producono pareti cellulari più forti e resistenti, costituendo queste una barriera meccanica agli insetti pungenti e succhianti. Questo aumenta in modo significativo la tolleranza al calore ed all’asciutto della pianta. Spray foliari di silicio hanno anche mostrato un benefico, riducendo la popolazione di afidi su culture in campo. Tests hanno anche trovato che il silico può essere depositato dalla pianta nel sito di infezione da funghi per combattere la penetrazione della parete cellulare da parte del fungo attaccante. Per effetto del silicio le foglie stanno più erette, aumenta la forza dello stelo, e previene la carenza di ferro e la tossicità da manganese. Il silicio non è stato determinato come essenziale per tutte le piante, ma può essere benefico per molte.

Nella coltivazione delle orchidee usiamo spesso i fertilizzanti, nella speranza di ottenere piante più rigogliose e con una fioritura più abbondante. Ma talora non sappiamo neppure cosa sia un fertilizzante o se sia davvero utile fertilizzare.
Quasi sempre, poi, non sappiamo neppure la reale ed effettiva composizione del fertilizzante che stiamo usando….

I fertilizzanti commerciali hanno una sigla (N.K.P.) per molti di noi misteriosa e, come vedremo sotto, molto ingannevole…..

Un’anticipazione: evitate, se possibile, l’uso di fertilizzanti contenenti urea.
Perchè?
Perchè l’urea necessita di un lungo processo di metabolizzazione per essere disponibile e noi di solito usiamo un substrato molto aperto e drenante, per cui, quando bagnamo, dilaviamo il substrato e laviamo via i residui delle vecchie concimazioni; inoltre rinvasiamo le orchidee piuttosto spesso, almeno una volta all’anno, per cui buttiamo via il substrato che contiene gli eventuali residui di urea.

 

Altro consiglio: le piante hanno bisogno estremo di magnesio. Un modo per fornire magnesio è quello di usare un po’ di solfato di magnesio. Sì, il banale sale amaro. O sale di Epsom, per gli inglesi.
N.B. Un cucchiaino da thè su 3 litri d’acqua sembra elimini anche l’eccesso di sali depositati nei vasi!.

Allora, nell’articolo di Dorothy Morgan abbiamo analizzato i bisogni nutrizionali delle piante, distinguendo tra gli elementi essenziali e quelli benefici. Abbiamo perciò visto le funzioni di ogni singolo macro e micro elemento. Le nostre piante captano il carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno dall’aria, mentre ricavano i sei macroelementi principali ( azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo) dal substrato di coltura o dall’acqua di irrigazione. Assodato quindi che le orchidee hanno bisogno di N, P, K, S, Mg e Ca, oltre che di tracce di microelementi come ferro, manganese, boro, molibdeno, rame, etc, dobbiamo ora prendere in considerazione da dove esse possano captare questi elementi, cioè il substrato e l’acqua usati nella cultura. Qui sta’ la differenza con la coltivazione di altri fiori o piante, che vengono coltivate in terra. Nella coltivazione delle orchidee di solito si usa il bark, che però non è mai completo di tutti gli elementi minerali come lo è invece la terra usata per coltivare gli altri fiori. Il bark, degradandosi, cede qualche minerale, sostanzialmente azoto, ma non fornisce tutti gli elementi necessari e tanto meno li fornisce nelle dovute proporzioni. Se poi usiamo altri substrati, tipo perlite, lava, lana di roccia questi, essendo inerti, non forniscono in pratica alcun minerale alle piante. Ovviamente possiamo rimediare a ciò aggiungendo al substrato alcuni materiali organici tipo letame, terriccio di bosco, foglie secche, sfagno, etc.
Ma vi è poi un’altro fattore da tenere in considerazione: le radici delle orchidee necessitano di elevato scambio di aria, per cui il coltivatore di orchidee rinvasa molto spesso, al fine di evitare che questi substrati organici con la loro degradazione rendano asfittiche le radici, provocandone la morte; cambiare questo substrato in iniziale decomposizione con uno nuovo, però, significa togliere alla pianta una fonte preziosa di minerali, quei minerali cioè che si stavano formando con la decomposizione del substrato e che sarebbero stati disponibili per la pianta.
In pratica il coltivatore di orchidee tende ad usare un substrato che quasi quasi lo avvicina alla cultura idroponica.
Questo ci impone di fornire dall’esterno gli elementi nutritivi per ottenere una crescita ottimale e bilanciata; e ciò ci porta a parlare dell’acqua di irrigazione. Spesso l’acqua a disposizione è cattiva, inquinata o troppo mineralizzata; in questo caso non ci resta che usare acqua piovana o acqua ottenuta con osmosi inversa. In entrambi questi ultimi casi si tratta di ottima acqua, senza però alcun sale minerale! se quindi contemporaneamente usassimo un substrato inerte ( lana di roccia, perlite, lava, polistirolo, etc) le piante non avrebbero addirittura nessun tipo di nutrimento!! In questo caso sarebbe quindi assolutamente indispensabile ricorrere a fertirrigazioni. La normale acqua dell’acquedotto invece bene o male qualche macro e microelemento lo contiene, per cui la fertilizzazione è meno impellente, in particolare se usiamo un pò di substrati organici. Ma è sempre utile, se usata con giudizio.

In commercio troviamo un’infinità di fertilizzanti, il cui contenuto è espresso come N.P.K., cioè in azoto, fosforo e potassio. Per capire quale fa’ al nostro caso dobbiamo però prima analizzare bene le nostre condizioni di coltura.

Bisogna cioè analizzare due parametri:

  1. il tipo di substrato usato, che può essere:
    -inorganico ( perlite, lana di roccia, lava, sabbia, etc)
    -organico ( bark, letame, sfagno, torba, foglie di faggio, etc)
    -un misto di organico ed inorganico2. la quantità di sali minerali presenti nell’acqua usata.
    Quest’acqua può essere:-senza minerali:
    acqua piovana, con conducibilità fino a 10 microSiemens
    acqua da osmosi inversa, anch’essa senza sali minerali

    -con minerali:
    in dosi modeste, ritenuta di norma acqua di buona qualità, con conducibilità fino a 200- 300 microSiemens
    in dosi elevate, ritenuta di norma acqua di cattiva qualità, spesso molto calcarea, con elevata conducibilità

Determinato ciò, possiamo passare alla ricerca del nostro fertilizzante ideale, che deve tenere conto dei due parametri visti sopra, in modo da fornire alla pianta tutti i minerali necessari ad integrazione dell’accoppiata substrato-acqua.

Sarebbe quindi opportuno determinare la conducibilità elettrica dell’acqua che usiamo o, in alternativa, farsi dare un’analisi dal fornitore, se si tratta di acqua derivata dall’acquedotto.

Come detto prima, il contenuto dei fertilizzanti in commercio è espresso in N.P.K., in base al loro contenuto in azoto (N), fosforo (P) e potassio (K), che sono i tre macroelementi principali.

Ma qui viene la prima sorpresa!!!

Quando noi usiamo un fertilizzante, ad es. un 20-20-20, pensiamo che questo fertilizzante contenga il 20% di azoto, il 20% di fosforo ed il 20% di potassio.

Errore!!

Questo fertilizzante contiene sì il 20% di azoto, ma non il 20% di fosforo il 20 % di potassio!!!!

in realtà contiene il 20% espresso come acido fosforico (P2O5) ed il 20% espresso come ossido di potassio ( K2O)

ma ovviamente gli ossidi NON sono i singoli elementi…

quindi il vero rapporto N.P.K. è 20-8.6-16.6 e non 20-20-20 come riportato sulla confezione !!!!

altro che bilanciato……

Ciò è decisamente assurdo!….. e, secondo il mio modesto parere, truffaldino!!!

Questo significa che il rapporto tra N.P.K. non è quello che la formula sul pacchetto del fertilizzante ci vuol far credere, ma molto diversa, in cui P e K sono molto meno di quello dichiarato.

Purtroppo il modo onesto di indicare i macrolelementi come percentuale reale dell’elemento è obbligatorio solo in Australia, Nuova Zelanda e, in Europa, nei paesi nordici ed Irlanda. Nel resto del mondo, Italia compresa, si indicano in quel modo truffaldino visto prima. Chissà poi perchè…

Per chiarire quanto esposto, faccio un esempio:

Lo stesso identico prodotto della stessa ditta in Europa viene venduto come NPK 18 +6+12 ( ma P e K sono ossidi ), mentre in

Australia viene venduto come NPK 18+2,6+10; è evidente che qui da noi ci si vuol far credere che ci sia il 6% di fosforo,

 mentre in realtà ce n’è solo il 2,6%, e il 12% di potassio, mentre ce n’è solo il 10%….

 

Se vuoi convertire facilmente i valori “italiani”, espressi in ossidi, nei veri valori degli elementi, usa questa semplice formula:

moltiplica il fosforo P ( che è espresso come P2O5) x 0,43

moltiplica il potassio K ( che è espresso come K2O) x 0,83

Sempre a titolo di esempio proviamo ad analizzare dal punti di vista chimico e molecolare una sostanza chimica, alla base dei più diffusi fertilizzanti.

Ammonio fosfato monobasico, NH4 H2 PO4; esso ha peso molecolare 115;

se lo indichiamo come percentuale assoluta in NPK ne deriva: N.P.K. : 12. 27. 0

se invece lo indichiamo come ossido P2O5 ( come fanno i “nostri” produttori di concimi) la stessa formula risulta così espressa:
N P(come P2O5) K : 12. 62. 0

cioè sul pacchetto i nostri produttori scriverebbero NPK 12.62.0 invece di 12.27.0… quindi il P dal 27% si è stato “trasformato” in 62% !! chiaro???

Ricordati quindi che tutte le formulazioni in commercio in Italia, adottando quest’ultimo sistema, esprimono una percentuale in P e K che è inferiore al vero contenuto in P e K !!!!!!!
Ricordalo bene….

In commercio esistono tantissimi fertilizzanti, alcuni venduti come specifici per orchidea. Non so su che base le ditte produttrici facciano però questa affermazione. Per quale orchidea, innanzitutto? forse che i Paphiopedilum vogliono la stessa fertilizzazione delle Cattleya o dei Cymbidium? e poi in base a che criterio si stabilisce che una formulazione è migliore di un’altra? una dimostrazione di quanto in realtà le ditte produttrici conoscano poco le orchidee ed il loro modo di coltivazione è il fatto che la maggior parte dei fertilizzanti venduti “per orchidee” contengano urea. Infatti l’urea, CH4 N2O, come è noto, contiene l’azoto in una formulazione che non lo rende immediatamente disponibile per la pianta. Essa cioè deve essere scissa da un’enzima, detto ureasi, che rende l’azoto N disponibile alla pianta; l’ureasi è prodotta da alcuni batteri presenti nel suolo ( e il suolo non è propriamente ciò che noi usiamo come substrato…). Ma questo è un processo lungo, troppo lungo per chi come noi rinvasa le piante spesso, per cui con il vecchio substrato noi buttiama via anche l’urea delle vecchie fertilizzazioni, non ancora metabolizzata. Ciò significa che se noi usiamo un fertilizzante che contiene urea, in realtà dobbiamo calcolare che forniamo molto meno azoto di quello che pensiamo, in quanto dobbiamo sottrarre all’N totale una buona parte dell’azoto ureico. Ad esempio il classico Peters 18-18-18 Orchid special (…special?!! boh….), contiene il 18% di azoto, di cui ben il 9.1% da urea, il 5.4% da azoto nitrico ed il 3.5% da azoto ammoniacale. In realtà, visto che le piante non riescono ad utilizzare subito l’urea, questo concime diventa per noi orchidofili in pratica un 9-18-18…… Buffo, no??
Parimenti il Peters 20-20-20, contenendo il 10.4 di urea, diventa un 9,6-20-20 ed il 30.10.10 contenendo il 24,7% di urea, diventa un 5.3-10-10…
Inoltre questi due famossissimi concimi con il calcolo degli ossidi visto prima diventano addirittura: il primo,togliendo l’urea, un 9,6-8,6-16,6 ( invece di un 20-20-20) ed il secondo un 5,3-4,3-8,3 (invece di un 30-10-10).

Attenzione quindi a non farsi ingannare dalle etichette dei produttori!!!!!!

Altro inconveniente che provoca l’urea è che, essendo sostanza organica, non è misurabile con il conduttimetro, per cui chi usa questo eccellente metodo per dosare i fertilizzanti legge dati sottostimati se usa fertilizzanti con urea.

Secondo molti coltivatori americani il pregio dei famosi fertilizzanti Dyna-Gro sta’ proprio nel fatto che sono privi di urea…..

La soluzione?

Basta prepararsi i fertilizzanti in casa!!!

Occorrono solo alcuni principi attivi, in particolare il potassio nitrato ed il fosfato di potassio ( che costituiscono ad esempio l’eccellente Peters Hydro-sol, ottimo per idrocoltura, e quindi molto valido anche per i nostri substrati quasi inerti…). HYDRO-SOL è un 5-4.8-21.6 ( attenzione però: da noi viene venduto come un 5-11-26 !!)

Vuoi quindi provare a farti un fertilizzante in casa??

come?

esaminiamo allora le sostanze presenti nell’Hydrosol:

Potassio nitrato : KNO3, p.m. 101 – NPK:14. 0. 47

Potassio Fosfato mono: KH2 PO4, p.m. 136 – NPK: 0. 52. 34

se mescoliamo 10 gr di KNO3 e 10 gr di KH2 PO4 avremo 20 gr di fertilizzante contenente NPK nel rapporto di 7 – 26 – 40. Aumentando uno o l’altro dei due componenti varieremo anche i rapporti di NPK a nostro piacimento.

Altra sostanza interessante è il Nitrato d’ammonio, NH4 NO3, p.m. 80, ( 35-0-0 ). Esso contiene l’azoto nelle due forme, ammoniacale ( NH4) e nitrica ( NO3). Poiché sembra che le piante utilizzino entrambe queste due forme azotate, il nitrato d’ammonio è un ottimo fertilizzante, utile in particolare quando si vuol fornire molto azoto.

In definitiva, analizzando le varie formule della Peters e di altre case, possiamo notare che queste ditte utilizzano le seguenti sostanze:

Nitrato di potassio (14-0-47), Potassio fosfato mono ( 0-52-34), Potassio fosfato bibasico ( 0-54-41), Ammonio fosfato ( 12-62-0), urea (sconsigliabile, come visto prima), Ammonio solfato ( 21-0-0) ed Ammonio nitrato ( 35-0-0).
A seconda di quelle sostanze che riusciamo a procurarci e perdendo qualche minuto in calcoli chimici, possiamo fabbricarci in casa un buon fertilizzante su misura, e contenente NPK in concentrazione variabile a seconda della stagione, delle nostre esigenze e delle nostre idee.
Possiamo cioè variare a piacere i rapporti tra N, P e K.

Tornando all’uso dei fertilizzanti, sui testi di coltivazione e su molti siti web ( che di norma ripetono e copiano in modo acritico quello che è stato scritto da altre parti) si trovano alcune affermazioni, che troppo spesso sanno di luogo comune o, peggio ancora, di “leggenda metropolitana”, non supportate cioè da studi scientifici.

Vediamo alcuni di questi luoghi comuni:

1. si dice che chi coltiva in bark deve usare la formulazione 30.10.10, basandosi sull’idea che i batteri e funghi, che degradano il bark, sottraggano prezioso azoto alla pianta. Da qui il consiglio di usare il 30.10.10 per supplire a questo furto. In realtà così facendo noi nutriamo ben bene questi microrganismi, con il risultato di degradare molto più rapidamente il bark. Se poi pensiamo che tutte queste formulazioni commerciali contengono l’azoto sotto forma di urea, ci rendiamo conto che si tratta di un consiglio quantomeno “sballato”…

2. si legge di usare in primavera il 30.10.10, poi verso l’estate di passare al bilanciato 20.20.20 e poi in autunno al blossom booster ( induttore di fioritura ), cioè al 10-30-20.
In realtà non c’è nessuno studio scientifico a supporto di queste affermazioni.

Tutt’altro… ci sono stati studi che hanno contraddetto queste affermazioni!!
Le piante assorbono quello che a loro serve, NON quello che a tutti i costi gli propiniamo noi!!

A mio giudizio quindi un buon concime idrosolubile e senza urea può essere usato tutto l’anno; sarà la pianta infatti ad assorbire le sostanze nelle quantità necessarie ed utili in quel momento. E’ probabile che i fertilizzanti commerciali contengano troppo fosforo (P), che è utile soprattutto nei terricci per floricoltura, ma serve molto a poco nei nostri substrati. Se poi sei convinto che sia utile modificare i rapporti tra N.P.K. nelle varie stagioni, puoi integrare questo concime idrosolubile con del nitrato di calcio o altri elementi che ritieni utili.
Per quel che concerne il ritmo delle fertilizzazioni, mi sembra logico usare il fertilizzante continuativamente ma a concentrazioni diluite. Non ha senso usare una botta di fertilizzante ogni tanto, in quanto il nostro substrato di cultura è sempre molto drenante, per cui il fertilizzante viene perso in gran parte subito dal vaso. Inoltre non è logico sottoporre la pianta ad un’indigestione saltuaria e mantenerla a “digiuno” per il resto del tempo.
Anche noi mangiamo tutti i giorni, non una volta al mese!!.

Per calcolare quanto fertilizzante stiamo dando alle piante, si possono utilizzare due metodi:

1. usare un conduttimetro. Si tratta di un’ottima spesa, in quanto questo piccolo strumento a pile ci permette di sapere, pur con una certa approssimazione, quanti ioni stiamo dando alle nostre piante. Ovviamente i dati del conduttimetro tengono conto solo della conducibilità elettrica dei sali disciolti nell’acqua sotto forma di ioni mobili, e non ci danno un’indicazione qualitativa di essi; inoltre non misura i sali organici, per cui l’urea, la solita terribile urea, non viene rilevata dallo strumento!! Dal punto di vista pratico, misuriamo con il conduttimetro l’acqua di base, poi aggiungiamo i fertilizzanti fino ad ottenere il valore cercato. A seconda delle necessità e dei periodi possiamo ritenere ottimale portare la conducibilità a 300-400 microsiemens. Se vogliamo spingere la pianta, possiamo arrivare anche a 600-800 microsiemens.

2. Esiste anche un modo economico e semplice per calcolare la quantità di fertilizzanti presente nella nostra soluzione: si tratta di esprimere i sali minerali come ppm, cioè parti per milione, cioè 0.001 grammi per litro di acqua.

Una semplice formula per calcolare la ppm è la seguente:

dose in grammi del fertilizzante x percentuale del macroelemento/100/volume di acqua/0.001

Per esempio, utilizzando 5 grammi di un fertilizzante 20-20-20 in 10 litri d’acqua, il calcolo dell’azoto (N) come ppm è:
5 x 20/100/10/0.001= 100 ppm.
Lo stesso vale per il P e K ma devi prima fare la conversione da ossidi ad elementi, come ho scritto sopra, per avere i veri valori in P e K.
Ritengo che usare 100-150 ppm di N ad ogni irrigazione nei mesi di sviluppo vegetativo sia molto utile, anche se so di grandi coltivatori stranieri che usano costantemente 200-250 ppm di N con saltuarie pompate a 400 ppm.

Non c’è una relazione diretta tra ppm e microsiemens, anche se approssimativamente possiamo farle coincidere.
A titolo di esempio riporto la relazione tra ppm e microsiemens di alcune sostanze:

1 ppm = microsiemes/cm
Potassio nitrato KNO3: 1.1
Potassio fosfato mono: 0.6
potassio fosfato bibasico: 1.04
urea: 0
solfato di magnesio: 0.8
Potassio solfato: 1.2

Poiché l’elemento principale delle nostre fertilizzazioni è l’azoto, quando usiamo un fertilizzante commerciale NPK ci conviene calcolare solo l’azoto come ppm e quindi dosiamo il fertilizzante su questo parametro; fosforo e potassio verranno a ruota. Quindi di norma, a seconda delle nostre necessità, useremo l’azoto da 100 a 200 ppm. Ovviamente nei periodi di maggior sviluppo vegetativo, se lo riteniamo utile, possiamo aumentare questo valore, e ridurlo in inverno, periodo di scarsa crescita vegetativa.

Ricordo anche l’estrema importanza di mantenere una stretta relazione tra luce, temperatura e fertilizzazioni.

Questi parametri devono essere sempre bilanciati tra loro. Ad un’aumento della luce, cioè, deve corrispondere un aumento della temperatura ed un aumento della fertilizzazione. Guai a forzare le piante con troppo azoto quando è inverno: siccome c’è poca luce e fa’ freddo la pianta svilupperebbe getti e foglie molli e deboli, facilmente attaccabili da insetti e malattie.

Per ricapitolare, puoi farti quindi un buon fertilizzante in casa usando alcune delle sostanze che ho segnalato prima.Infine, non scordare che le piante necessitano assolutamente di magnesio (Mg), che sta’ alle piante come il ferro sta’ a noi. Poichè molti concimi commerciali non contengono magnesio o ne contengono troppo poco, ritengo possa essere utile aggiungere del solfato di magnesio ( sale inglese o di Epson) al nostro regime di fertilizzazioni.


Se invece preferisci un fertilizzante commerciale, ritengo che il
Peters Hydrosol sia eccellente a tutti gli effetti, in quanto completo, senza urea ed idrosolubile. Può essere usato benissimo anche per via foliare.

Secondo me è però utile una sua integrazione con calcio nitrato (CaNO3) e solfato di magnesio.

Peters hydrosol è in verità un 5-4.8-21.6 Siccome l’N potrebbe essere poco, possiamo aggiungerci a nostro piacimento del Calcio nitrato, aumentandolo o diminuendolo in base alle nostre esigenze. Si può anche aggiungere il potassio nitrato (12+0+35.7) se si vuole aumentare contemporaneamente azoto e potassio.

Se, per es., a 1,2 gr/litro di Hydrosol aggiungiamo 1,1 gr/litro di calcio nitrato otteniamo un fertilizzante che fornisce, come ppm, N 165 P 57 K 259 Mg 36 Ca 150

il calcio nitrato va però preparato in una tanica separata dall’hydrosol e aggiunto alla soluzione finale solo dopo che gli altri elementi si sono ben sciolti, per evitare problemi di precipitazione di fosfati e solfati di calcio.

La sequenza ottimale quindi è:

Aggiungere all’acqua di irrigazione prima l’hydrosol, poi il magnesio solfato e infine il calcio nitrato.

Un rapporto consigliabile tra queste sostanze è 5:2:4

 

Finora abbiamo parlato di fertilizzanti chimici. Un’ottima ed efficace alternativa a questi elementi chimici è usare un concime organico, ad esempio guano o letame. Ottimi risultati li ho avuti usando del tè di letame ( o di guano), mettendo cioè del letame in acqua ed utilizzando il brodo risultante. A parte l’odore, i risultati sono ottimi. Alcuni tra i migliori coltivatori americani usano come fertilizzante solo tè di letame. I letami sono diversi tra loro come contenuto in azoto; io ritengo che il guano, cioè letame di uccelli molto stagionato, sia utile e sicuro; sconsiglio la pollina, cioè il letame fresco di pollo, che brucia invece le radici. Si può fare questo tè però con quasi altro letame.

letame N azoto % P fosforo % K potassio %
pollo 30 14 7
mucca 10 3 8
cavallo 15 5 13



I concimi chimici ed organici in agricoltura

Tutti sappiamo a cosa servono i concimi: noi sfruttiamo il terreno che coltiviamo e per farlo rimanere fertile, dobbiamo reintegrare le sostanze nutritive che le piante hanno utilizzato per la loro crescita. I fertilizzanti favoriscono la crescita delle piante. Vediamo la differenza tra i Concimi di sintesi prodotti dall’ uomo, e quelli organici di origine naturale

I fertilizzanti favoriscono la crescita delle piante. Vediamo la differenza tra i Concimi di sintesi prodotti dall’ uomo, e quelli organici di origine naturale

Esistono due categorie di concimi: i concimi organici e concimi chimici.

Il concime chimico è un prodotto artificiale di sintesi. Il concime sintetico penetra direttamente nella pianta tramite un processo di osmosi sfruttando il principio della differente concentrazione tra il terreno e le radici. Inoltre i concimi chimici non contengono tutte le sostanze minerali presenti in natura nel terreno. Tant’è vero che alcuni microelementi come il selenio, sono stati scoperti proprio a seguito della carenza all’ interno dei cerali coltivati con fertilizzanti chimici incompleti che non lo contenevano. L’ assenza del selenio nel riso ha provocato gravi malattie . I concimi chimici alterano la composizione del terreno, ed apportano un quantitativo superiore di azoto con un conseguente aumento impressionante dei nitrati all’interno dei vegetali. L’esempio più tipico, ma certo non l’ unico, è quello degli spinaci la cui percentuale di nitrati è passata da 23 a 600 ppm.

Il concime organico, a differenza di quello chimico, nutre il terreno che diventa sempre più fertile. Il contenuto completo di sostanze nutritive nutre i microrganismi presenti nel terreno. E sono questi che forniscono direttamente le piante dei Sali Minerali indispensabili per una corretta crescita. Non si ha quel passaggio forzato del fertilizzante chimico dal terreno alla pianta. Inoltre i vergatali, risultano essere più sani e resistenti, richiedendo un utilizzo decisamente inferiore di prodotti antiparassitari e pesticidi.

Conclusioni: il fertilizzante sintetico permette la crescita della pianta, ma la rende incompleta e ne varia la resistenza stessa, diminuendo la sua capacità vitale.

Il concime organico o naturale, invece permette la crescita di una pianta sana e resistente che racchiude in sé tutti gli elementi indispensabili alla vita non solo sua, ma anche di chi se nutre: l’ uomo.

Se in aggiunta, consideriamo anche l’utilizzo di pesticidi chimici, su piante indebolite dall’agricoltura intensiva e chimica, possiamo immaginare la qualità degli alimenti di cui ci nutriamo. Inoltre tutti prodotti chimici che diamo alla pianta, penetrano nel terreno e impoveriscono ulteriormente le capacità naturali del terreno distruggendo anche i batteri ed i microrganismi che naturalmente metabolizzano le sostanze di cui si nutrono le piante.

Si crea così un circolo vizioso che porterà sulla nostra tavola piante sempre più deboli e curati chimicamente.

L’ esempio dei diversi tipi di fertilizzanti, ci fa comprendere di quanto sia preferibile il consumo di alimenti di origine biologica o biodinamica , non solo per il nostro benessere, ma anche per l’ intero ecosistema.




Cipolle all’ Habanero red

Ecco come promesso una delle mie ricette preferite. Questa è la variante Ortopiccante molto più gustosa dell’originale e che vi farà ottenere consensi a profusione tra i vostri amici

CIPOLLE ALL’HABANERO ORTOPICCANTE

Ingredienti

2 cipolle rosse belle grandi
8 habanero red (chiaramente qui la quantità è in base alla vostra assuefazione alla capsaicina 
3 pomodori ramati
1 cucchiaio di dado vegetale fatto in casa, va bene pure quello granulare comprato
6 cucchiai da minestra di OLIO EVO
4 alici sott’olio
una manciata di olive nere snocciolate
una manciata di capperi se li prendete sotto sale sciaquateli sotto l’acqua prima di aggiungerli
1/2 Bicchiere di acqua ( dipende da quanto è acquosa la cipolla)
2 scatolette di tonno al naturale 

PREPARAZIONE

Pulire, ed affettare la cipolla mediamente sottile.
Affettare gli Habanero a pezzetti privandoli solo del picciolo
Affettate i pomodori a cubettoni
In un tegame mettere l’olio le cipolle e gli habanero far rosolare per un paio di minuti aggiungere i pomodori e mescolare per mandarli anch’essi in temperatura dopo di che aggiungere capperi, tonno, olive, alici ed il dado vegetale fatto sciogliere in un po’ d’acqua.
Cuocere a fuoco lento fino al restringimento del composto. BUON APPETITO 

————-ATTENZIONE————–
Il sottoscritto si solleva da ogni responsabilità della dipendenza, inevitabile , che ne consegue dopo il primo assaggio!!!




“Snack al formaggio e Habanero”

“Snack al formaggio e Habanero”

Ingredienti:

200 gr di farina di grano turco
200 grammi di latte
1 mozzarella
100 grammi di parmiggiano
100 grammi di emmenthal
4 habanero red
sale q.b.

Preparazione:

Mettere tutti gli ingredienti, tranne gli habanero, in una pentola in acciaio e porla sul fuoco a fiamma bassa per far sciogliere i formaggi e amalgamare il tutto in maniera omogenea.

Prendete gli habanero red e tagliarli finemente con un coltello o mezzaluna e aggiungerli al composto e miscelarli accuratamente..

Con l’ausilio di una sac-à-poche realizzare su una teglia tanti vermicelli adagiati sulla carta forno e infornarli a 180° C per 10 minuti, cmq appena cominciano a dorarsi toglierli dal forno.


Lasciarli raffreddare e…………… il resto ci arrivate da soli  .

Se la ricetta di oggi vi è piaciuta condividetela con i vostri amici lasciate un like e se li realizzerete mandatemi le vostre foto e opinioni 

Go Go Go Spicyyyyy 




Biol /Sciroppone/Compost Liquido

Biol Sciroppone o Compost liquido, si tratta di un concime organico liquido capace di apportare miglioramenti al terreno che lo assorbe. E’ molto più delicato dei fertilizzanti che si trovano in commercio, infatti non svolge alcuna azione aggressiva sulla pianta.
Io ne sto sperimentando uno che modifico man mano che acquisisco esperienza, mi sta dando notevoli risultati che documenterò su questo blog.

Se qualcuno volesse partecipare allo sviluppo di questo prodotto naturale, vi riporto la versione 1.0 del mio sciroppone, cioè da dove son partito.

Sciroppone ver. 1.0 : In 50 litri d’acqua aggiungere 200 gr di Lievito di birra, 300 di melassa di barbabietola, 300 gr di alghe ascophyllum nodosum . Far fermentare per 15 gg mantenendo in movimento il composto.




Jalapenho all’OrtoPiccante 

Visto che la stagione ormai è giunta al termine in quasi tutte le regioni d’Italia, ci potrebbe essere qualcuno che ha ancora jalapenho verdi 😀 e quindi vi suggerisco una mia ricetta per utilizzarli e mangiarli durante l’inverno in attesa della prossima stagione 😉 Si tratta degli Jalapeno all’ OrtoPiccante.

 

Ingredienti:
Jalapeno
Aceto di vino bianco

Acqua

Aglio

Alloro

Semi di senape

Pepe lungo dell’ Indonesia

Sale q.b.
Raccogliere gli Jalapeno ancora verdi, appena cominciano a mostrare le spaccature. Accorciare il picciolo lasciandolo intorno al cm, lavarli e asciugarli bene. Metterli in vasetti lavati e sterilizzati insieme a aglio, semi di senape pepe lungo indonesiano e alloro.

Intanto mettere a bollire una soluzione di Aceto e acqua nella proporzione 60/40. Riempire i vasi  con la soluzione bollente di aceto e acqua. Mettere la retina per mantenere gli Jalapeno completamente sommersi e chiudere e poi pastorizzare.
Essendo ad alto contenuto d’ aceto quindi ph basso si potrebbero non pastorizzare, ma meglio farlo per essere più sicuri 😉 . Conservare in un luogo buio fresco ed asciutto almeno per un mesetto prima di consumare.  Vanno bene da antipasto,  spuntino e  per qualcuno pure a colazione 😀




Ribollita Ribollente

 

La ribollita è senza dubbio uno dei piatti della tradizione contadina toscana più conosciuto e apprezzato per la sua varietà di verdure e la semplice bontà con cui si presenta al palato. Il nome ‘ribollita’ deriva dal fatto che un tempo le contadine preparavano grandi quantità di questa minestra, sopratutto al venerdì, che quindi veniva riscaldata nei giorni seguenti più e più volte. Questa versione ha subito giusto qualche modifica per renderla più “spiritosa” ribattezzata Ribollita Ribollente  😉
Dosi consigliate per 4-6 porzioni
250 gr di cavolo verza
250 gr di cavolo nero

150 gr di pane toscano raffermo a fette

250 gr di patate

200 gr di pomodori ciliegino o polpa in scatola.

250 gr di fagioli secchi (da mettere in ammollo la sera prima)

200 gr di bietole a coste

120 gr di porri

60 gr di sedano

60 gr di carote

100 gr di olio extra-vergine

1 cipolla

1 aglio

1 rametto di rosmarino

1 o 2 pezzi di pancetta

Qualche Pepper fresco a piacere

Parmigiano o grana

Olio piccante
Preparazione
Sciacquate con cura i fagioli che avrete ammollato per 12 ore in acqua fredda, se sono secchi, e riponeteli in un tegame molto capiente. Copriteli con acqua fredda e cuocete a fuoco dolce per circa un’ora con la pancetta  fino a quando non diverranno morbidi. Ora potete dedicarvi alla preparazione del soffritto che sarà composto dai porri ridotti a fettine sottili, carote e sedano tritati finemente, cipolla mondata e tritata e uno spicchio d’aglio intero diviso in due parti. Sempre a fuoco lento, lasciate soffriggere in un tegame a parte le verdure così preparate con due cucchiai di olio extravergine d’oliva, lasciate imbiondire per qualche minuto.

A questo punto preparate le altre verdure per la cottura: pelate le patate e tagliatele a dadini, affettate la bieta eliminando la costa centrale, tagliate a metà i pomodorini. Successivamente, dividete in due parti uguali il cavolo verza privandolo della parte centrale dura e affettate le foglie in maniera grossolana. Allo stesso modo, affettate il cavolo nero eliminando la parte finale delle foglie e separando le coste che affetterete più finemente.

Unite il porro al soffritto preparato poco prima e fate appassire a fuoco dolce avendo cura di mescolare di tanto in tanto perchè non si attacchi al fondo. Dopo qualche minuto potrete unire tutte le altre verdure, aggiustare di sale e pepe e bagnate con il liquido di cottura dei fagioli.

Lasciate cuocere per circa 2 ore a fuoco basso aggiungendo un po’ di brodo vegetale quando necessario e fino a quando le verdure all’interno non cominceranno a sfaldarsi.
Dividete a metà i fagioli e frullatene metà a crema e fate la pancetta a dadini. Aggiungete la crema i fagioli e i dadini di pancetta , bagnate ancora con del brodo e coprite con un coperchio, lasciando cuocere per un’altra ora. Quando le verdure saranno stracotte aggiungete i peperoncini freschi tagliati a dadini e cuocete ancora qualche minuto poi, potrete togliere dal fuoco e trasferire in una zuppiera che coprirete con una pellicola e il coperchio.

Lasciate raffreddare. A sera fate ribolllire e servite nei piatti con pane raffermo,  meglio se toscano, o crostini.  Aggiungete una spolverata di formaggio e dell’olio piccante.  Io ho usato l’olio al Carolina Reaper del mio amico Valerio Alesi dell’Azienda Agricola La Valle 🙂




Tom Yum Kung (zuppa di gamberi thailandese piccante) 

È la zuppa più conosciuta della cucina tailandese, e ne racchiude tutti i profumi tipici. È ritenuta molto salutare per le proprietà benefiche attribuite ai suoi ingredienti. Ne esistono varie ricette, alcune anche con latte di cocco e aggiunta di tagliatelle di riso. Io ho preparato ieri sera questa e devo dire che  mi è piaciuta molto.

 

Ingredienti
• 1 cucchiaio di olio oliva

• 2 cucchiai di zenzero grattugiato fresco

• 1 cucchiaino di citronella tritata (Non trovandola, io ho usato i cipollotti bianchi)

• 950ml di brodo di verdure o di pollo

• 3 cucchiai di salsa di pesce

• 1 cucchiaio di zucchero di canna integrale

• 25 gr funghi shiitake secchi da reidratare

• 6 pomodorini

• 3 peperoncini piccanti

• 600g di gamberi

• 2 cucchiai di succo di lime fresco

• 1 pizzico di sale

• 1-2 cucchiai di coriandolo fresco tritato

• Olio piccante a piacere 😉
Preparazione
Mettere a bagno i funghi con 300ml di acqua tiepida per almeno 2 ore

Riscaldare l’olio in una casseruola e cuocervi lo zenzero, la citronella o i cipollotti bianchi tagliati per il lungo, mescolando spesso per 1 minuto circa.
Sgusciare  i gamberi e, incidendo il dorso con una lama, eliminare il budellino. Lavarli ed asciugarli

Aggiungere il brodo a filo, mescolando sempre e quindi anche la salsa di pesce e lo zucchero di canna. Sobollire per 15 minuti. Aggiungere alla padella i funghi e cuocere finché questi ultimi saranno morbidi, all’incirca 5 minuti.
Aggiungere anche i gamberi, i pomodorini tagliati in 4 e cuocere per altri 5 minuti o finché i gamberi saranno cotti. Finire con il succo di limone, sale e una spolverata di coriandolo fresco. Servire bella calda.




Filetto di manzo alla Voronoff 

Filetto di manzo alla Voronoff
Ingredienti

4 filetti di manzo da 180/200 gr l’uno circa

4 cucchiai di senape dolce

1 cucchiaio di worcerstershire sauce

200 ml di panna fresca

1 rametto di rosmarino

1/2 bicchierino di cognac

60 gr di burro

pepe, sale e farina q.b.

Preparazione

Step  1

Molte sono le ricette, altrettante le varianti che si possono trovare nelle ricette in giro per il web: c’è chi aggiunge metà brandy e metà sherry, chi mette anche il tabasco e chi neppure la Worcerstershire sauce. Ma la maggior parte è d’accordo invece sull’utilizzo del burro chiarificato.

Iniziamo con questa operazione semplicissima, che aumenterà la digeribilità e quindi il piacere di gustare il filetto. Ci servirà per alzare il punto di fumo del burro, permettendoci quindi di rosolare la carne senza aggiungere sapore di bruciato: con questo procedimento infatti si eliminano dal burro l’acqua, la caseina e altre impurità. Basta metterne la quantità che vi necessita a sciogliere a bagnomaria e, una volta che si è formata in superficie la schiumetta bianca, eliminarla con un cucchiaino o filtrandola e utilizzare la parte liquida e giallo oro rimanente.

Step 2

Quindi mettete in una padella il burro chiarificato con un rametto di rosmarino e appena i tutto è caldo, aggiungete le fette di filetto infarinate. Fate rosolare un paio di minuti per parte, e quando si forma una bella crosticina dorata, versate il cognac, inclinate la padella fino a sfiorare con un bordo la fiamma, “accendendo” il liquore. Fate fiammare fino a quando la fiamma non si spegnerà da sola dopo pochi secondi, prestando un’attenzione particolare in questa operazione.

Step 3

Lasciate insaporire per qualche attimo la carne, salandola e pepandola da entrambi i lati e poi toglietela dalla padella, conservandola in un luogo tepido, magari anche il forno spento e chiuso.

Nel frattempo preparate la salsa: mettete nella padella dove avete cotto la carne la senape il tabasco e la Worchestershire e sciogliete il tutto con la panna, amalgamando gli ingredienti a fiamma bassa. Lasciate restringere l’intingolo, salate e pepate.

Step 4

Prima di servirla, fate passare qualche istante la carne nella salsa e servite; oppure mettete direttamente i filetti nei piatti e ricopriteli con la salsa.